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sabato 6 novembre 2010

Molly - Orso Grigio



http://www.amazon.it/Molly-Santeria-Pulp-italiano-ebook/dp/B008618822/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1351008498&sr=1-1e-book
Molly, stupenda, sinuosa, le unghie perfette, muscoli scattanti micidiali e un corpo mozzafiato. Si la mia gatta oltretutto è simpatica, di quelle che ti cercano con gli occhi quando arrivi, piegano la testa verso l’alto e ti fanno capire che ci sei: <<vieni qui uomo adoro le coccole>>. 

<<Va bene ho capito, il pranzo è pronto, Molly>>.

Mi chiamo Orso, il mio lavoro è investigare, ma soprattutto per curiosità. Detesto essere costretto a  lavorare per mariti e mogli gelose. Il caso è il mio datore di lavoro, ha molta fantasia, mi caccia nelle situazioni più assurde  e di solito riesce a tirarmene fuori, apprezzo molto la sua intelligenza.

Questa mattina mi sono alzato presto, erano le sette in punto, un presentimento, un ansia,  mi sono svegliato all’improvviso, Molly sullo scendiletto, mi fissava, poi all’improvviso mi ha strizzato l’occhio. Io sono rimasto un attimo stranito, non era mai successo: <<Molly senti dobbiamo fare un discorsetto,  cosa sono queste sorprese>>?  Lei si è incamminata verso il balconcino, abito al secondo piano in Via S. Geminiano, ha cominciato a strofinarsi sulla porta, ho aperto subito, ero curioso a questo punto.

Una ragazza dai capelli rossi, stava attraversando la strada,  dal vicolo cieco di fronte esce sgommando una Bmw nera che punta direttamente addosso alla ragazza. Io grido a squarciagola: <<signorina si butti dietro il cassonetto presto>>, intanto  estraggo la mia beretta calibro 38. Dal finestrino abbassato della macchina emerge uno strano attrezzo, sembra un arpione.

E’ un attimo, la donna mi ha sentito o forse ha sentito sgommare il Bmw, fatto sta che si getta proprio dietro il cassonetto, mentre un tipo robusto, capelli neri, ricci, spettinati, tenta di arpionarla. Io senza  mirare sparo sulla macchina, fortunosamente becco la gomma a lato del guidatore , che sbanda e fa mancare la mira al compare. La macchina continua la sua corsa, rischiando più volte di sbattere,  ma si allontana a tutta velocità.

<<Signorina posso presentarmi? Orso Corsini,  posso aiutarla? >>.  << Certo che si! Non vede come sono ridotta >>.  Bel modo di ringraziare, comunque la rossa non è proprio rossa. Sai di quelle pettinature tipo sbarbina,  neri sotto e rosso fuoco sopra. Però il fisico non è male, il classico finto etereo dalle curve morbide e il volto è molto pulito, lineamenti regolari, naso perfetto e due occhi verdi particolari di quelli punteggiati di piccole macchie marroncino: un effetto stroboscopico. Insomma posso passare sopra alla maleducazione diamine!

 <<Mi chiamo Jessica, piacere, ma ho paura a stare in strada>>. Ma sì,  siamo in centro a Modena chi vuoi che abbia sentito lo sparo! <<Salga da me, sono un investigatore,  caso mai vedremo cosa dichiarare>>. La scena del crimine la lasciamo lì, non si muove di certo.

Strana la faccenda dell’arpione. << Jessica mi puoi dire cosa diavolo ti sta succedendo>>. Lei tace, un silenzio imbarazzante.  << Scusa dovrei ringraziarti, però hai una voce potente!>> attacco con la solita fola, di solito fa effetto, <<sai sono parente di Big Luciano, .. Pavarotti>> . <<Ma dai!>>. Non l’ha bevuta.

<<Il tuo cappotto è da buttare. Posso prestarti qualcosa io, mia zia ogni tanto passa a dare una pulita, e tiene sempre qualcosa nel guardaroba>> . << Ok fammi vedere>>. 

Ahi,  quando le ragazze cominciano a guardarsi intorno sono guai. Il mio è il solito appartamento da scapolo, come dire, manca il tocco femminile. Di bello i vecchi soffitti della antica Modena alti 4 metri e mezzo. In alto si intravede qualcosa che sembra un affresco dal cui centro scende un vecchio lampadario a gocce, non male. Oltre al salotto c’è una grande cucina, dalla parte opposta il mio studio, il bagno e la mia camera da letto, il cui pezzo forte è un antico letto in ferro battuto e naturalmente il guardaroba.

<<Molly ti presento Jessica>>. Molly non è affatto persuasa a vedermi fare il cascamorto, comincia a rizzare il pelo.<< Jessy, posso chiamarti cosi?>> << certo Orso>> <<ecco volevo dirti di non toccare la gatta è un po’ gelosa>>. Ma ecco il guardaroba, quattro ante modello: “monaca di Monza”. <<Ecco Jessica,  guarda  lì dentro prendi quello che ti serve e cambiati>> Io esco e vado a sedermi in salotto sulla mia Chesterfield, un vezzo di esterofilia che piace pure a Molly. Seduto sulla poltrona comincio a rimuginare.  Forse dovrei telefonare al mio amico brigadiere,  Anteo. Ma non ho ancora voglia di smuovere  le acque, vorrei sentire prima il racconto di Jessica. 

Cavolo, Jessica entra in salotto, non c’è che dire sa scegliere, ha indossato l’abito più scollato del lotto, << il reggiseno si è rotto, ma il resto è solo da lavare>>. <<Va bene Orso >> penso io << non ti chiamano il Freddo è ora ti tener fede ai nomignoli!>> <<Jessy credo che sia il caso che tu mi spieghi cosa succede>>.

Comincia a raccontare la sua storia. E’ originaria di Gorizia, ma ha vissuto metà della sua vita in Sud Africa. <<Metà di ventisei>> penso io  <<fa tredici, ventisei è la  metà di cinquantadue, ma che vuoi, io li porto molto bene>>.   Torniamo a noi, “Freddo”, dopo la morte dei suoi genitori la sua vita non è stata rose e viole.  Mi racconta della sua vita nei locali di Pretoria e di una storia di stregoneria e di diamanti.   

I diamanti sono una medicina, non ci credete?  Si non sono proprio una medicina, ma il sistema per portarli fuori dalle miniere, passando attraverso i sofisticati controlli antifurto messi in atto dai proprietari, possono diventare molto simili alla capsula di un antibiotico. Invece di essere riempita di benefica polvere medicale la capsula viene riempita di ancor più benefico materiale, piccoli diamanti, da 1 a 3 carati al massimo. I più puri, per i quali gli esperti occhi dei minatori prevedono che ci sarà poca necessità di lavorazioni o tagli di precisione. Ma non è così semplice portarli fuori,  per non essere individuate da radiografie le capsule sono inserite in particolari ulteriori contenitori stratificati. Il primo strato è dello stesso materiale della capsula, poi gli strati si induriscono e si conformano al classico pezzo di “cacca” al quale siamo tutti abituati. Ovviamente non possono essere inghiottiti, ma debbono essere inseriti, molto, ma molto in alto per altra strada.

Ma meglio non entrare nei dettagli, vi basti sapere che qualche minatore ha subito qualche piccolo intervento chirurgico per rendere la cosa perfettamente naturale all’occhio indiscreto di qualsiasi macchinario o tecnologia impiegata.

Jessica aveva appena compiuto 19 anni, quando fu contattata per portare i diamanti fuori dal Sud Africa. Non se la passava affatto bene e la proposta di diventare hostess della Scandinavian Airlines fu come la manna dal cielo. Quello che non sapeva, prima di accettare, era del rito di iniziazione che avrebbe dovuto subire per essere accolta nelle materne braccia di Mama Sadù, nella Santeria dei diamanti.

<<Ho voglia di un gelato>>, interrompo Jessica, anche perché la vedo sempre più arrossire e sudare mentre racconta, non mi sembra un fatto naturale. <<Senti, nel frigo ho dell’ottimo gelato, stracciatella di cioccolato e crema alla vaniglia e un rimedio antico, buonissimo, l’aceto balsamico di mio nonno Alfonso>>. Su in soffitta ho tutta la batteria di botti, sono 150 anni che produciamo aceto e l’ultima botticella del travaso, non contiene un litro di aceto.
Il gelato sembra fare effetto, sarà colpa del balsamico o il fresco della crema alla vaniglia, che tra l’altro ha un blando effetto ansiolitico.  Jessica recupera il suo colorito naturale e la sua voglia di raccontare.
La avevano condotta in un luogo segreto,  sotto un cielo nero senza luna, dove tre enormi croci bruciavano, ma sembrava che il fuoco non le divorasse, tre altari, uno per ciascuna delle tre donne che dovevano essere iniziate.  Tamburi e danze, tutti ballavano in modo sfrenato, ma non erano drogati, era l’aria che si respirava che era innaturale e mentre tutto si faceva più irreale e capace di stordire, Mama Sadù invocava i suoi demoni e i demoni dei suoi antenati perché quella notte doveva essere celebrato un patto di sangue, di vita o di morte.
Jessica sentiva delle presenze dentro al proprio corpo. Le sentiva agitare, come se percorressero le sue vene, come se fossero parte del suo sangue. Comincio a sentirsi parlare con una voce maschile, quindi non si senti più parlare: era lei a parlare, a stipulare un patto << io ti cedo la mia anima Mama Sadù insieme al mio sangue >> in cambio non sarò mai povera, non sarò mai sola, non sarò mai prigioniera, ma se ti tradirò con l’arpione col quale ora prendi il mio sangue sarò trafitta e morirò e la mia anima sarà distrutta.  Mama Sadù la trafisse nel costato con l’arpione facendo sgorgare un fiotto di sangue, poi prosegui con l’iniziazione delle altre ragazze.
Il mattino seguente si svegliò nel suo letto, con un senso di sollievo, ma sapeva che da quel giorno non sarebbe stata mai sola.
Ebbe subito una buona notizia: la Scandinavian Airlines la aveva accettata come aspirante hostess. Aveva  10 giorni per trasferirsi a Stoccolma per iniziare il corso di formazione e addestramento al volo.
Le miniere di diamanti del Sud Africa sono parte del grande De Beers Group, che spende milioni per garantire la sicurezza dei propri impianti, mi sembrava una favola che fosse così facile aggirarne le difese e le protezioni, eppure era vero. Jessica era la prova vivente di quanto affermava, nel suo trolley conservava, con una certa noncuranza un migliaio di diamanti da un carato, niente male per una ragazza della sua età.
Il problema era che aveva deciso di uscire dal gioco. In qualche anno aveva imparato tutto quello che c’èra da sapere sui diamanti, su chi ad Amsterdam poteva tagliarli, per cosi dire “rifinirli” durante le “pause pranzo”. Ed un poco per volta aveva accumulato un tesoro.
Aveva depositato in svizzera il grosso dei diamanti, in diverse cassette di sicurezza, in banche diverse. Aveva anche trovato  chi era pronto a procurarle una identità di comodo. Insomma aveva pensato a tutto o quasi. Si era però dimenticata della Santeria dei diamanti e del suo giuramento.
Dire che per me queste cose erano una novità sarebbe mentire, ma questa setta mi metteva i brividi. In passato avevo affrontato situazioni molto strane e conoscevo gli effetti della possessione, avevo dissertato parecchio, anche con esorcisti accreditati dalla Santa Sede, e mi ero fatto delle convinzioni molto personali in merito, tanto che senza tante cerimonie, anni prima avevo fatto un patto con i miei antenati e quello che io spero sia Dio o quel benedetto caso che mi aveva salvato parecchie volte la vita. Anche io sapevo che non sarei mai stato solo. Quindi non fui affatto sorpreso che di tutto quello che era successo in strada non se ne era accorto nessuno. Ma ad essere sincero ero preoccupato, perché i gatti non mi avevano mai fatto l’occhiolino e storie cosi complicate di possessione non mi erano mai capitate. Quindi quando Jessica alla fine del suo racconto ha proposto di assumermi porgendomi un sacchetto di diamanti, non ero proprio disposto a dire : << ok bambina ci penso io>>.
<<Ti capisco>> disse lei, << è una storia dannatamente complicata, ma tu sei un investigatore! è il tuo mestiere, devi scoprire chi c’è dietro e tirarmi fuori da questa faccenda>> .  Senza dire altro mi accarezzo la nuca e mi baciò. Come dire, a me queste cose fanno un certo effetto, il suo odore di buono, cominciava a farmi sentire più coraggioso, il suo sapore morbido e dolce ed il contatto con la sua pelle erano un marchio permanente, non sarei più riuscito a dimenticarla.  <<E va bene, ma adesso ferma: accetto il tuo caso e vorrei rimanere sobrio>> Diavolo che fatica “Freddo” .
<<Ora però non puoi rimanere qui, ti troverebbero subito, bisogna trovare un posto sicuro, come dire protetto dalla “Santeria”. Se i gatti potessero parlare ! >>, ero sicuro che Molly mi avrebbe dato la dritta giusta e lo fece! Con un balzo saltò sul muro e girandosi di scatto con la zampa alzata esegui una perfetta schiacciata da pallavolitsta sulla mia fronte << Ehi con te in campo potremmo vincere i mondiali di volley e pure le olimpiadi>>.  In realtà voleva dire << segui me! Capo >>, così cominciai a cercare di capire cosa volesse indicare. Si diresse verso il tavolo rotondo del salotto, per esperienza sapevo che cerchi stelle, mattoni ed altro non servivano a nulla, ad un potere spirituale occorre contrapporre un altro potere spirituale, ma la risposta era li, quel tavolo mi era stato regalato anni prima da un membro della compagnia delle anime. Un gruppo spiritualista segreto, molto potente , lì Jessica sarebbe stata al sicuro.  
Nizza è una città magica, piena di segreti. Lo sapevate che Garibaldi è nato qui, in Savoia, quando la Savoia era parte del Regno di Piemonte e dire che di magie ne ha fatte ai suoi tempi, ciò che non sapete è che anche lui era membro della compagnia delle anime.
La città è ricchissima di acqua, che scende dalla collina del castello, il parco che sovrasta la città vecchia, l’acqua avvolge la città come un manto protettivo e tutte le mattine viene liberata nelle grandi canalette che fiancheggiano i marciapiedi. Si Nizza è la città degli animali, soprattutto cani, ne potete trovare di ogni tipo e razza, e taglia perché grazie all’ingegnoso sistema di irrigazione i regalini che i nostri amici ululanti lasciano nelle canalette vengono lavati via tutti i giorni con il solerte impegno degli operatori ecologici. Si qualche padrone di cani ogni tanto si dimentica dei suoi doveri, non sempre tutto è poesia. Ma se amate gli animali e i mercatini particolari, ricchi di cose strane, magiche o antiche, vi consiglio farci un salto.
Arrivare a Nizza con la mia Kangoo gialla era stato semplice e senza incidenti, nessuno nota una macchina come la mia, troppo appariscente! Anche se sapevo che le nostre mosse erano conosciute. Il mio contatto con la compagnia è un grand’uomo, non fa nulla per apparire tale, ma lo intuisci subito: il mio amico Philippe Clemenceau. Lo avevo cercato sul cellulare il giorno prima. Era felice di  sentirmi,  in effetti erano passati sei mesi dal nostro ultimo incontro e poi niente, nemmeno una telefonata,  ma come dire tra “noi”  non serve, siamo o no la compagnia delle anime? Comunque parlarsi di persona è molto più soddisfacente. Ci trovammo al bar, quello di fronte al palazzo di giustizia. Non per caso, il nostro motto, su cui scherziamo sempre, quando ci troviamo, è “giustizia e libertà” .  Davanti a due pastis e un tè caldo, cominciammo a spiegare la situazione a Philippe.
Philippe è leggermente più alto di me, direi 1 metro e novanta, ma mentre io peso novanta chili lui il doppio esatto. Ma vi assicuro che ha pochissima massa grassa, non ha per niente il fisico di un lottatore di sumo, direi piuttosto che è un grosso tronco d’albero che cammina. L’ultima cosa che farei a questo mondo sarebbe cercare di fare a pugni con Philippe, perché, per quanto io sia bravo, con le mani non si può abbattere un albero.  
Dopo aver ascoltato il nostro racconto, Philippe sentenziò <<siete in grande pericolo, la Santeria dei diamanti non è una setta qualunque, ha migliaia di affiliati insospettabili in tutto il mondo ed è straordinariamente ricca. Usa metodi arcaici, il fuoco l’arpione e la croce sono i sui simboli, ma la forza spirituale della setta è grande, puoi allontanarti da lei, ma se sei un affiliato ti ritrova sempre: possiede  la tua anima>>. Ok, con questa Jessica è servita. <<Cosa possiamo fare Philippe?>> <<Non siamo abbastanza forti da proteggerla?>>  <<Si e no bisogna vedere, non siamo immuni alla possessione, possiamo respingerla in qualche caso distruggerla, ma abbiamo bisogno anche noi di un aiuto potente>>. <<Quale aiuto? A parte Dio è la nostra unione che conta>>. <<Vedremo, venite con me !>>.
Avevo bisogno di aria fresca, e il mare era giusto quello di cui avevo bisogno e anche Jessica. Così, mentre ci allontanavamo da Nizza sulla barca di Philippe, ci sentivamo bene. L’aria fredda di febbraio era mitigata dalle risate di carnevale, che sembrava arrivassero sino a noi dalla collina di Eze. L’antico borgo il cui simbolo è la Fenice e dove tutti gli anni si celebra il rito della nascita del piccolo Troll, la cui natura buona o cattiva determina in destino degli abitanti di Eze. Tutti i viandanti che passano per Eze gettano qualcosa di loro in una grande bilancia. Mentre la magica pietra del destino dei Troll  gira tra tutti i popoli sin dal sorgere della luna. Tutti proveranno ad incantarla con ogni genere di sortilegio, per caricarla di energia buona o cattiva. Alla fine la natura del bambino sarà determinata dal peso dell’energia buona o cattiva, che, caricata sulla bilancia e sulla pietra magica, prevarrà,  sotto l’occhio severo della luna piena.
Mentre ci dirigevamo a Villefranche,  nostro luogo di destinazione e casa di Philippe, cercavo di godermi quei momenti di rilassamento nel blu nella Baia degli Angeli, guardando il panorama.  Il verde della la vegetazione della costa e le splendide ville dei promontori, dai colori pastello, bianco e arancio con sfumature chiare e più scure. Non riuscivo però a dimenticare i problemi che dovevamo affrontare  per toglierci dai guai, cominciavo a sentire nostalgia di Modena, della nebbia e pure della neve, già,  avevo sentito alla radio che stava ricoprendo la città.
Sono sicuro che vi state domandando dov’ è Molly, la mia dolcissima gatta di razza europea, con il manto tigrato tra il nero ed il beige e il suo musetto furbo. Tranquilli, Molly è una gatta molto indipendente, non l’ho mai costretta a restare in casa, quindi si è fatta molti amici umani che volentieri la viziano quando io non sono a casa. Certo che se fosse qui potrebbe dare una mano.
Villefranche, subito dopo l’ultimo, turistico,  cambio della guardia.
Philippe dice <<Seguitemi entriamo nella rocca prima che la chiudano ai turisti, il guardiano è un bestione, ma è amico mio>>.
Voi forse non lo sapete, ma molti membri della compagnia delle anime erano soldati della legione straniera. L’idea era che un uomo dall’animo distrutto poteva unirlo a quello di uomini nella sua stessa condizione per formare un solo spirito. Il patto era << distruggo  la mia anima in voto di obbedienza a chi, con me, distruggerà allo stesso modo la sua, per formare un anima sola e per chi ci crede in voto di obbedienza a Dio>>. Così è cominciata la storia, proprio qui.  A Eze c’è un cimitero della legione straniera, ma è qui, sotto la Rocca che sono seppelliti i primi fratelli della compagnia delle anime.
<<I nostri compagni sono parte di noi>> dice Philippe << e qui io credo che potremmo essere particolarmente forti e di poter resistere ad ogni genere di attacco>>.  <<Si dico io, ma Jessica può fa parte della compagnia? Se è posseduta non può fare il giuramento, o sbaglio? >>. << Si,  hai ragione ma noi possiamo fermare chiunque  tentasse di possederla. Ogni demone ha bisogno di una persona vivente per esprimersi e noi sappiamo chi dobbiamo cercare e poi chissà! >>.
L’attacco non si fece affatto aspettare e non fu affatto spirituale, cominciò con un lancio di arpioni gettati alla cieca  al di qua del recinto delle mura, ormai chiuse. Era come un avvertimento, Jessica era in tranche, occhi fissi e vuoti. Pensai bene di legarla, comoda, ma legata ad una branda metallica con solide corde. Mi ricordai però che era sensibile alle urla, <<cosa da rammentare questa, non si sa mai >>.
Poi venne il bello: lancio di granate, si roba bellica, diavolo, << altro che spiritismo! >>. Cercammo rifugio all’interno della Rocca costruita con le mura a strapiombo sul mare. Philippe attaccato al cellulare stava chiamando tutti i suoi contatti, specificando armati!  Era il caso di spolverare la mia 38 e di cominciare a prendere la mira. Cominciavano a spuntare teste e corpi intenti a scavalcare le mura nella penombra, il sole ormai era dietro la collina e accentuava l’approssimarsi della notte.
Cominciai a mirare, io non sparo mai al corpo, detesto avere superstiti sulla coscienza, che poi vogliono vendicarsi perché  ho sparato ad un punto ricucibile. Io miro sempre alla fronte.
Ecco il primo candidato alla nuova vita, presi la mira con calma e cominciai a sparare con movimento fluido, senza strappi o scatti alzando ed abbassando le braccia, ad ogni colpo per attutire il rinculo. Uno , due , tre, quattro centri. Gli allenamenti nel campo di tiro a Sassuolo erano serviti a qualcosa, cinque. I corpi dei morti venivano immediatamente recuperati e sparivano nella notte.
Ma ecco il segnale convenuto da Philippe, il guardiano corse ad aprire la cancellata, entrarono cinque Suv di colore verde cupo, come fantasmi  saltarono fuori dalle macchie venti legionari armati fino ai denti . Un vero piacere per i miei occhi, soprattutto per i fucili mitragliatori le granate e tutto l’armamentario di cui erano provvisti.  Quando Philippe aveva detto armati, lo avevano preso sul serio, cominciavano ad essermi più simpatici i francesi.
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Come d’incanto, lo scontro era finito, l’arrivo dei rinforzi era stato risolutivo, cominciai a verificare la nostra situazione. Il terreno era a nostro favore, ma il guardiano giardiniere avrebbe avuto parecchio da lavorare: una decina di buche erano fiorite nell’ampio parco e qualche vaso era distrutto. Tutto sommato non era andata male.
Philippe cominciò a fare gli onori di casa . << Orso ti presento Lolà il comandante del nostro gruppo d’assalto >>. Niente male la Mora, più che un assaltatore sembrava una ballerina del Crazy Horse, alta statuaria con due gambe che sotto i pantaloni caki sembravano non finire più, gli occhi neri come la pece le conferivano un aria misteriosa, lasciavano trapelare soltanto una grande determinazione.
Il guardiano aveva pensato che un po’ di vino non ci avrebbe danneggiati, cosi seduti nell’antica e lunga  tavola posta nel salone che un tempo era riservato ai cavalli, gustavamo vino rosso di Bandol e rincuorati dal successo cercavamo di pianificare  le nostre mosse, come su una grande scacchiera.
Come Philippe aveva confermato Jessica non poteva far pienamente parte della compagnia, perché la sua anima non le apparteneva. La nostra Regina quindi era bloccata, sotto scacco, non poteva fare nessuna mossa. Dovevamo aprire un varco per la regina, altrimenti la partita era persa in partenza. L’unica strada possibile era quella di recuperare la sua anima. Ma come diamine si può recuperare un anima? Qui la discussione ci stava portando lontano, insieme al gran rosso di Provenza, teologia, filosofia, troppo lontano.  <<Scusate se interrompo i vostri discorsi>> intervenne il guardiano, Anteò, di origine italiane della Sardegna, << dalle mie parti il fuoco si combatte con il fuoco, non con l’acqua santa>>. Non c’era altro da dire dovevamo combattere la Santeria con le sue stesse armi e magari con qualche rivoltella, coltello ed armi assortite.
Avevamo deciso di dividerci . La parte più consistente del gruppo avrebbe trovato un nascondiglio sicuro per Jessica a sua protezione, e tre legionari sarebbero venuti con me per aiutarmi nelle mie ricerche. Jessica era ancora in tranche, gli occhi vuoti assenti, dovevo svegliarla. Pensai che la vecchia scuola di esorcismo poteva essermi di aiuto, chiesi una bibbia, fortunatamente Anteò era italiano, andò a prenderla e me la consegnò. Una volta l’avevo visto fare ad un monaco francescano. Aprii la bibbia a caso.  Atti degli apostoli 10.11.4 e lessi ad alta voce  << Allora Pietro raccontò  per ordine come erano andate le cose, dicendo: << Io mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e vidi in estasi una visione: Un oggetto, simile ad una grande tovaglia, scendeva come calato dal cielo per i quattro capi e giunse fino a me. Fissandolo con attenzione, vidi in esso quadrupedi, fiere e rettili della terra e uccelli del cielo. E sentii una voce che mi diceva : Pietro, alzati uccidi e mangia!>> Risposi: << non sia mai, Signore, perché nulla di profano o immondo è entrato mai nella mia bocca>>. Ribatte di nuovo la voce dal cielo: << Quello che Dio ha purificato, tu non considerarlo profano.>> Era la conferma che cercavo, ed ebbe anche l’effetto sperato: gli occhi di Jessica mi fissavano con rabbia, qualcosa avevo svegliato! La sfida era stata raccolta. Poi Jessica si riprese. << Ehi cosa ci faccio legata?>>. << Tranquilla>> dissi << ti devo raccontare parecchie cose, ma la più importante è che abbiamo messo in fuga la Santeria, almeno per ora>>.
Fuoco con il fuoco, dovevo mangiare lo stesso pane del mio nemico! Ma quale pane? Avevo bisogno di riflettere.
I saluti furono sinceri e rapidi, Philippe avrebbe condotto Jessica in un luogo sicuro, protetta dai legionari: era meglio che neppure io sapessi dove si trovava, anche se dubitavo che un luogo, in quelle condizioni, fosse più sicuro di un altro. Li avrebbero trovati comunque. Dissi a Philippe:  << credo che sia meglio che vi spostiate da un luogo ad un altro, se vi muovete, anche loro devono muoversi e trovarvi sarà un vero problema e non badate a spese, la ragazza è piena di diamanti, a qualcosa dovranno pur servire!>>.
Partimmo con il Suv Verde scuro alla volta di Nizza. Io,  Lolà e due Legionari Eric e Pablo . Non tutti i legionari sono francesi. Avevo lasciato il mio Kangoo a Nizza, in un posteggio coperto e lì decisi di lasciarlo. Sistemata la questione, mi feci portare al parco della Fenice “Moriendo Renascor” dice il motto “la fenice risorge dalle proprie ceneri”. A parte la suggestione delle parole c’era una zona del Parco alla quale ero molto affezionato, quella dei gufi. Sono gufi vecchissimi   e grandissimi, sono alti almeno un metro. Sembrano emergere da un antico passato, portano tutti un titolo nobiliare: Duca di Lorena, Conte del Piemonte,  Duca d’Africa, Principe di Bordeaux  e mostrano una flemma tutta loro, anno dopo anno nelle loro gabbie, calmi, ti guardano con i loro occhi enormi, quasi senza un movimento. Io in quel luogo ho sempre trovato ispirazione. Comunque ero lì seduto a pensare, quando il Duca d’Africa comincia a farmi l’occhiolino. Si guardandomi strizza l’occhio e che occhio. Non c’era dubbio era un segnale chiaro! Africa  terra di fuoco si,  Cicala! No, non le cicale di Saint Tropez, Cicala il mio amico pugile di lingua Swahili, stregone africano, del fiume Niger. Purtroppo era morto da una ventina d’anni.   Era comunque un inizio, ci avrei pensato sopra con calma. Mi incamminai verso l’uscita ma prima dovevo salutare la mia amica lontra, animale stupendo e affettuoso che nuotando nella sua piscina nell’acqua verde e trasparente venne a strofinarsi col muso dolcissimo sul vetro : <<questo è amore!>>   A questo punto tanto valeva tornare a Modena, dovevo pensare e organizzarmi, chiesi pertanto ai miei amici di portarmi a casa. Dovevo anche pensare come sistemarli, senza dare troppo nell’occhio, magari non troppo lontano da casa mia. 
Una mia cara amica ha un’attività di affittacamere, non pensate male, Veronica ha passato i sessantacinque, pensionata, arrotonda affittando le camere del suo appartamento in Rua Muro, storico vicolo della città. L’alloggio per Eric, Pablo e Lolà era perfetto, vicino , ma non troppo e mi dava la possibilità di tornare a casa a pensare.
Finalmente a casa! Molly dove sei? Non avevo dubbi, mi aveva sentito arrivare e mi aspettava davanti alla porta. Oggi ho voglia di viziarti, guarda cosa ti ho portato!  Piccoli tranci di pesce che avevo acquistato al mercato Albinelli.  Bisogna festeggiare no! Molly sembrava gradire il profumo. Cosi in quel momento di calma cercavo di raccogliere le idee.
 fine prima parte
Seconda parte Posted on 22 maggio 2010 by vince9998111
Comodamente seduto sulla poltrona, con Molly che si strofinava  facendo le fusa, mi domandavo come potevo fare a rintracciare Cicala, non certo sulla sua tomba, la sua spiritualità stava certamente aggirandosi ancora per Modena, dove molti suoi fratelli lavorano con la grande fatica di essere stranieri e diciamolo, sicuramente non troppo amati. Come stregone della sua comunità doveva essere rimasto per proteggerla, ma come riallacciare i contatti?  Su Molly non potevo contare l’avversione tra gli africani ed i gatti è un fatto noto, come la atavica paura per i leoni. Mi ricordo il primo incontro con Cicala. Si presentò nella palestra in cui mi allenavo, per tenermi in forma, un po’ di sollevamento pesi e molte chiacchere. Aveva un gattino in mano, ma piccolo!  Mi squadrò un  attimo poi tenendo il gatto in mano, cominciò a pronunciare frasi incomprensibili, mentre il suo volto si oscurava ed i suoi occhi parevano sputare fuoco. Non conosceva il mio amore per i micetti e la mia capacità di calmarli se occorreva, quindi quando mi misi ad accarezzare il gattino e questo sembrava gradire, si arrabbiò molto. Si riprese il cucciolo ed aggirandosi per la palestra, pronunciando frasi dure quanto incomprensibili combinò un pandemonio, il gattino sembrava una furia scatenata e i titolari della palestra , che vi assicuro, non erano mammole lasciavano trapelare un po’ di sana paura. Quando il proprietario disse basta  erano tutti visibilmente sollevati. Cicala aveva dato la sua dimostrazione ed era soddisfatto, quanto a me mi ero guadagnato il suo rispetto. <<Pensa se questo fosse stato un leone!>>. Si il Leone era fuori dalle mie competenze, non credo che lo avrei accarezzato.  
Ogni tanto andavo al palazzetto dello sport a vedere gli allenamenti, io avevo appeso i guantoni al chiodo da un pezzo, ma la nostalgia e la voglia di ricominciare era tanta. Cicala era un pugile molto forte, un peso welter molto aggressivo in grado di soggiogare i suoi avversari con la sua grande volontà. Ma sul ring non si può solo attaccare. In uno degli ultimi incontri che fece, pur vincendo aveva beccato un potente montante che gli aveva incrinato a fondo una costola. Non disse nulla, cosi fece anche un altro incontro, ma questa volta il dolore era troppo. Vinse anche quell’incontro, ma al termine si accasciò al tappeto in preda a dolori lancinanti. Lo incontrai qualche tempo dopo, ad una festa al Parco Ferrari, allora era solo un parco, non era ancora stato dedicato al Drake, Enzo Ferrari e Viale Italia era ancora nella matita degli urbanisti. Mi raccontò della sua Africa, di come Jumbo in swahili vuole dire ciao e della sua brutta frattura. Non credeva nella medicina moderna, era Lui lo stregone. La guarigione sarebbe venuta con le sue erbe, i suoi infusi e con gli spiriti del suo grande fiume. Io provai a dissuaderlo, avevo visto molti uomini piangere dal dolore a causa di fratture alle costole. Gli dissi che l’ortopedico che lo aveva visitato stava semplicemente applicando una stregoneria moderna, e che con gli strumenti moderni ed un ricovero in ospedale sarebbe guarito, ma che anche i medici moderni non sanno saldare le costole.  << Occorre una grande pazienza, quello che hai è pericoloso, più pericoloso di un Leone: occorrono molte cure >>. Inavvertitamente, mentre parlavo spezzai un bastoncino che avevo in mano, lo vidi scosso, non so cosa avevo fatto di preciso, ma lui mi considerava uno stregone, dopo la faccenda del gatto, pertanto sperai che quel gesto lo avesse spinto a curarsi all’ospedale. Così continuammo a parlare. Mi raccontò dei miracoli che in Africa potevano fare gli stregoni: fare apparire ed sparire elefanti, coinvolgendo nelle loro visioni centinaia di persone, una specie di ipnosi collettiva. E dei grandi progressi tecnologici che stava facendo il suo paese. Ciò nonostante non mi ascoltò. Qualche mese dopo venni a sapere che era morto. La costola gli aveva perforato un polmone e non c’era stato più nulla da fare.         
Mentre mi arrovello tra i ricordi, suona il campanello, vado a vedere, ma è la Giada, la mia vicina, <<vecchio filibustiere>> le dico <<cosa fai qui?>>. << Ho un emergenza, devo andare fuori Modena e non so come fare con Amanda>>. Amanda è un terranova nero, alto come un cavallo e affettuosa in modo esagerato per la mole. <<Se non stai via troppo la tengo io, magari la porto a fare una passeggiata>> . << Si, guarda per stasera al massimo alle 20 sono a casa>>. Le dico: <<Va bene>>. Erano le 16:30,  giusto il tempo di fare un giro. Così, lasciando a casa una Molly annoiata mi incammino verso Viale Italia, in cerca di ricordi. Quando arrivo sono ormai le 17 passate. Il parco Ferrari è lì, tanto vale fare un giretto, sotto questo cielo ancora privo di luna, ma già discretamente scuro. <<Vai a fare il tuo giro Amanda>>. Lo  sapete come fanno i cani cominciano a correre col naso a terra annusando tutto, cambiano improvvisamente direzione, distratti da un rumore o forse da un odore più forte. Amanda sembra scatenarsi e corre all’impazzata da una parte e dall’altra, ma sempre con maggiore foga . Poi sparisce, penso che se devo cercala non basterà la notte. Mentre cammino un po’ assorto, la sento arrivare al galoppo. Mi giro e me la trovo addosso con gli occhi rossi come il fuoco che mi fissano cattivi, la bava alla bocca e i canini davanti al mio naso. Urlo, insomma, “sembra più una particolarmente sentita richiesta a Dio” che un urlo. Amanda si calma di colpo e si accuccia al mio fianco. Ma ora sono io ad avere qualche problema, mi gira la testa, che sento come piena di centinaia di spine, non riesco a parlare. Ho ancora qualche pensiero lucido e parecchi difficili da condividere. Cerco di riprendermi, penso <<Cicala sei tu? Si che sei tu brutto bastardo!>> E’ così penso che l’unica cosa saggia da fare è quella di tornare a casa, magari con l’aiuto di Amanda, comincio a capire cosa prova un cieco verso il proprio cane, ma a me sembra di averne ancor più bisogno.
Sul pianerottolo di casa c’è la Giusy. << Be’, così tardi! sono le otto e mezzo >>, io provo a dire qualcosa, ma è solo un mugugno. La Giusy dice << ti perdono, ma no farlo più!>> E se ne rientra a casa. Ok penso, << se riesco ad aprire la porta è un successo! >>, ma visto che non chiudo mai a doppia mandata l’impresa riesce. Mi era capitato di rientrare a casa in condizioni fisiche peggiori, da allora non avevo più sbarrato la porta.
Capisco di essermi imbarcato in una strana avventura, forse più grande di me, che dire,  non era quello che avevo cercato?  Mi misi sul letto, sperando che un buon sonno mi potesse aiutare. Il problema è che non riuscivo a chiudere occhio, Molly di solito affettuosa, mi girava alla larga. Non avevano torto gli Egizi quando veneravano i gatti quali guardiani dei morti, ma si vedeva che quello che leggeva nei miei occhi non le piaceva e col pelo completamente ritto le unghie fuori soffiava come davanti ad un serpente. << Si >> pensai << è proprio Cicala>>.
Mi alzai, diamine << cosa faccio il pantofolaio! >>.   Prendo Molly e la caccio in cucina, rischiando di farmi azzannare la mano. Chiudo la porta e a voce alta dico: << Credo che io e tè dobbiamo parlare>>, l’adrenalina che mi aveva fatto salire Molly, mi aveva rimesso in palla. Come se fosse possibile parlare, quello che percepivo, in modo sempre più intenso erano immagini, ma non erano immagini del mio passato erano immagini che non mi appartenevano, la mia stessa voce era alterata arrochita, pensai che dovevo fare un passo indietro e ascoltare, lasciarmi andare e lasciare correre i pensieri e le immagini dove volevano andare, se volevo capirci qualcosa. Quindi tornai a letto e cercando di rilassarmi, per quanto era possibile, e cominciai a vedere con altri occhi, altri pensieri non miei,  luoghi  che non avevo mai visto: Africa.
 
Questi  versi  li lessi qualche mese dopo, quello che vedo ora, sono ragazzini , per lo più spensierati, che lavoravano piante che intuisco devono essere di cacao. Poi  incomprensibili colpi di fucile, i ragazzi più “anziani”cadono morti. Adulti armati arrivano, urlano e caricano i ragazzi più “giovani” <<ehi caricano anche me>> su una camionetta. Non capisco nulla se non il fatto che ho paura, anzi terrore.
Ci portano ad un villaggio,  ci mettono in fila e  il capo comincia a parlare, ci mettono in mano un fucile e capisco che dobbiamo uccidere la vecchia donna nera legata ad un palo che ci sta maledicendo. Questo si vede benissimo. Sputa per terra borbottando frasi sconnesse e strabuzzando gli occhi ci guarda uno per uno, poi punta gli occhi su di me e smette di cercare. Io vedo quegli occhi di fuoco e sento come se qualcosa mi entrasse dentro, poi la vecchia si affloscia .
Ci ordinano di sparare, io sono lì e sparo alla vecchia che mi aveva maledetto. O no?
Poi ci tolgono le armi e ci mettono in una capanna.  Buio, sono di nuovo nella mia stanza.
Riuscii a dormire un paio d’ore. Mi svegliai con la testa che sembrava arrugginita, mi ci voleva un caffè. Non era stata una buona idea, perché il mio demone riprese il sopravvento.
Urla di donne e di bambini uomini che ridono felici, stanno attingendo petrolio da un grande tubo che corre in lontananza, a perdita d’occhio.  Rumore di un camion che arriva a gran velocità, fuggiamo tutti correndo a perdifiato. Uno sparo secco e uno scoppio. Il fuoco ci rincorre, passa in mezzo a noi , un uomo di fianco a me sta bruciando e quà e là, altri uomini e donne bruciano. Un calore irresistibile, io continuo a correre, non posso fermarmi, incespico e  cado in una profonda buca piena d’acqua. Me ne sto zitto, mi alzo solo quando non sento più alcun rumore se non il vorticare dei miei pensieri, che come api impazzite ronzano nella mia testa. Poi al chiarore di una luna enorme tutto si  spegne, anche il ronzio che non mi aveva abbandonato da quando avevo sparato alla vecchia. Non capivo, ma ero felice, mi sentivo bene ed ero libero. Dovevo tornare al  mio villaggio.
Mi ripresi, lo squillo del cellulare mi stava facendo impazzire è a me la testa ronzava e come. << Hello sono Lolà, tutto bene? >>. << No per niente, ho bisogno del tuo aiuto, ma vieni sola>>.
Lolà, che io chiamavo Lola, arrivò subito, la misi al corrente di quello che mi stava succedendo e che non sapevo che pesci pigliare. Le raccontai delle visioni. Sentenziò:<< sono un messaggio il tuo amico Cicala ha trovato pace in preda ad un emozione violenta così dovrai fare tu>>. << Cavolo questa vuole che mi butti nel fuoco!>>. << Non se ne parla !>>, ma intanto si era infilata nel mio letto e la cosa non sembrava infastidire nessuno. Cominciò a spogliarmi, mentre io tentavo di fare lo stesso con lei in preda ad una furia selvaggia. Era qualcosa di straordinario, come se avessi cento mani e potessi toccare cento seni, meravigliosi pieni, con capezzoli incredibilmente lunghi, più che far l’amore sembrava che lottassimo allo spasimo, ma non c’era una parte di me che non partecipasse a quel piacere che sentivo montare come un onda. Ci unimmo,  non so per quanto tempo durò, forse un’ ora, forse due tra spasimi di piacere continui.  Poi l’onda decise di muoversi, di salire dal profondo di me e dentro di lei,  un colpo fortissimo, un esplosione, qualcosa che non avevo mai provato in vita mia, il mio corpo era tutto una vibrazione, e continuò a vibrare per almeno due minuti o cosi mi sembrò, interterminabile, quasi insostenibile,  anche la mia testa godeva! Diavolo!
Anche per Lola era stato lo stesso, ci guardammo ci abbracciammo, ma sapevamo tutti e due che non sarebbe stato più possibile avere una esperienza del genere, non eravamo noi a fare l’amore era stata una tribù intera. Non sarebbe stato saggio riprovare.  Visto che erano le 10 di mattina e che eravamo in uno stato di grazia e pace,  pensammo che sarebbe stato bello dormire fino a sera.
Mai dimenticarsi di Molly e del suo legittimo appetito, alle 13 in punto cominciò a mordicchiarmi le dita della mano, prima delicatamente, poi sempre più forte.  << Va bene ho capito, mi alzo, ti va bene il tonno?>> , << si ok bella>>. In effetti cominciavo ad avere fame anch’io, ma non avevo voglia di svegliare Lola.  Così feci una salto al mercato e carico di pane, carne bovina, frutta verdura e vino. Tornai a casa. Lola si era svegliata, aveva un aspetto magnifico, non si era preoccupata di vestirsi troppo, giusto lo slip e la sua  canottiera bianca trasparente. Una cosa da mozzare il fiato, secondo me è per questo motivo che la gente ammira tanto i Santi, ma solo quando sta male. Per il resto del tempo ammira tutte le Lola di questo strano mondo.
<< Ho preso da mangiare. Ti va una bella bistecca alla fiorentina annaffiata con un chianti classico che mi hanno detto buonissimo, o preferisci trasgredire alle sacre leggi dell’accostamento dei vini e bere un fresco bianco e frizzante secco, malvasia della provincia di Modena?>>. Optammo per la trasgressione: fiorentina al sangue e malvasia, poi avevo preso un filoncino di pane “francese” ovviamente.  Carote, sedano, pomodorini pachino e cardo per il pinzimonio e per finire grandi chicchi di uva bianca, non  so da dove veniva , ma era fresca e dolce. Avevo rinunciato a malincuore ai cipollotti, ma anche l’alito ha le sue ragioni.  Era la prima volta che mi capitava di invitare a pranzo una ragazza dopo aver fatto l’amore: c’è sempre una prima volta!
Dopo mangiato avvisammo i due compagni di Lola che tutto era tranquillo, Eric Norvegese, disse che aveva dei problemi con il telefonino, un Nokia N96, non riusciva a telefonare a casa sua. Gli dico: << lascia stare, con le nostre compagnie telefoniche fai prima a comprare un telefonino nuovo che a sistemare le questioni di abbonamento con la tua compagnia telefonica>>.  Lo indirizzai in centro, << Scommetto che abbiamo più negozi di cellulari in Italia che in Norvegia>>. << Entra nel primo, fai capire che vuoi comprare un cellulare e che ti serve abilitarlo per le telefonate all’Estero, vedrai che così funziona>>.
Decidemmo di trovarci per fare chiarezza, dopo una buona  Pizza e Birra alla spina, << Prenoto un tavolo al Grottino, alle nove stasera, non potete sbagliare e comunque chiedete indicazioni a Veronica. Poi torniamo a casa mia dobbiamo fare il punto della situazione>>.  
Dopo Cena raccontai ai compagni quello che era successo, delle mie visioni. Tralasciai  un sacco di particolari, ma riuscì a far reggere la storia nella sua essenza: lo spirito di Cicala,  della sua  tribù e di chissà chi altro era con me. Pablo disse: << non va bene perché noi siamo un solo spirito, Cicala deve fare il voto della Compagnia delle anime altrimenti saremo divisi e se siamo divisi dobbiamo rinunciare al nostro più grande punto di forza, quello di essere un solo spirito in tanti corpi ognuno con la propria individualità. Si, in effetti credo che senza la Nostra anima collettiva io e Lola non avremmo potuto resistere ed ora faremmo parte della tribù, senza possibilità di uscirne, proprio come Jessica con la Santeria.
<< Ok gente suggerimenti? >> dissi appena tornato a casa. Eric disse: << credo che lo spirito del tuo amico sia molto forte, se è così è in te e credo possa manifestarsi, senza fatica. Chiedi il suo aiuto>>. Eravamo seduti io nella poltrona, Eric e Pablo sul divano, Lola su una sedia  accarezzava Molly, seduta sul mio tavolo tondo. Una scena rituale perfetta! Del resto il voto della distruzione delle anime della compagnia, non è un rito, non ha bisogno di droghe o stordimenti è una decisione volontaria che uomini o donne decidono di prendere, coscientemente nella piena consapevolezza di ciò che vogliono. Non sapevo se uno spirito, anzi una specie di nodo spirituale avrebbe potuto farlo, così senza farla tanto lunga, chiesi ad alta voce aiuto al mio amico. Dissi:  << se accetti di distruggere la tua anima per formare un anima sola con noi e tutti quelli che hanno fatto questo voto, mi devi assicurare di poterlo fare insieme a tutte le anime che con te ora io porto. Fallo nel modo più chiaro possibile>>.
Aspettammo, ma non tanto, stavo dicendo: << non succede nulla>> quando la mia voce divenne terribilmente roca e forte, bè se non ci credete ridete beati, ma pensateci bene prima di farlo! Mi senti pronunciare queste parole: << Noi distruggiamo la nostra  anima in voto di obbedienza a chi, come noi, distruggerà o ha distrutto allo stesso modo la sua, per formare un anima sola , in voto di obbedienza al tuo  Dio>>. Roba da brividi e di gioia per Dio!
Quel brano degli atti degli Apostoli non lo avevo preso troppo sul serio, ma quanto era vero: era come se stessi mangiando qualcosa che non avrei mai voluto mangiare,  la sensazione era che qualcosa andasse a finire nel mio stomaco,  la parte oscura dello spirito? Allora dovevo crederci fino in fondo, non potevo dubitare che fosse stata purificata o che almeno era la cosa giusta da fare.
<<Bene>> dissi <<sembra fatta>>.  Era sceso una strano silenzio di incredulità. << Ragazzi se non abbiamo fede noi nel nostro voto pensate che possa averla qualcun altro?>>. << E poi avete sentito tutti o no?>>.   << Si, Non eri tu a parlare,  ma è come se avessimo vissuto da sempre senza considerare che la distanza tra il bene ed il male è così sottile e che spesso forse vogliamo le stesse cose>>, disse Lola. << Sentite lasciamo stare la filosofia, se il fuoco è con noi va bene, dobbiamo combattere un altro fuoco>>.  
Si disse Eric il più razionale del gruppo, dobbiamo chiederci il perché dei simboli della nostra Santeria . Sappiamo che la Santeria è nata dal Vudù per dissimulare la più cruenta pratica di magia nera  e darle una credibilità come magia bianca. Gli schiavi neri praticavano le loro religioni animiste dissimulando i loro Dei con i nomi dei Santi Cristiani da qui è nato il Vudù e quindi la Santeria,  a Cuba, negli Stati Uniti , in Florida e California e in tutti i luoghi dove lo schiavismo era stato praticato. Le croci sono simboli cristiani per eccellenza, simbolo di sofferenza, di sacrificio, di dolore, ma anche simbolo dell’uomo, dell’incrocio e del susseguirsi delle generazioni, del legame con la terra in cui sono conficcate. Il fuoco con il quale venivano bruciati gli schiavi sulle croci ha creato un legame indelebile tra la croce,  la morte e la violenza, con l’odio che genera e i demoni della vendetta. Il fuoco che, come l’amore attraversa tutti e tutti permea. E l’arpione simbolo del mare, del legame con l’Africa terra da cui tutto sembra cominciare, ma anche strumento di recupero e di morte, non puoi scappare dal fuoco, il suo arpione ti riprenderà sempre.
<<Abbiamo il fuoco della terra di origine. Credo che dobbiamo cercare altri alleati potenti : la croce e l’arpione, stavolta però li voglio in carne ed ossa! >>  .












































































































































































































































































3 commenti:

Orso Grigio ha detto...

sgrunt!

Unknown ha detto...

Molly, semplicemente da non perdere.

Orso Grigio ha detto...

Molly si può acquistare, falla tua!


http://www.lulu.com/spotlight/Orsogrigio999